Pensioni Scuola, ecco quando viene pagata la buonuscita, ultime Novità

Dopo l’arrivo della nuova circolare Miur sulle pensioni della scuola nel 2020, molti pensionandi si chiedono quando potranno ottenere il proprio trattamento di fine servizio. La recente pubblicazione da parte del Miur della circolare relativa alla maturazione dei requisiti di quiescenza per il 2020 ha fatto il punto della situazione per quanto concerne i dubbi su come richiedere la propria pensione. Resta però ancora una questione che andrebbe attenzionata dai decisori pubblici e sulla quale da tempo i lavoratori della pubblica amministrazione chiedono un intervento, finalizzato a ridurre i tempi di attesa.

Si tratta della corresponsione del trattamento di fine servizio (TFS) o in altri termini della cosiddetta liquidazione. Rispetto a quanto avviene nel settore privato, i lavoratori del settore pubblico sono chiamati spesso ad attendere tempi piuttosto lunghi. In caso di pensionamento con opzioni sperimentali (come la quota 100), si può arrivare addirittura a superare diversi anni di attesa.

I tempi che regolano il pagamento del Trattamento di Fine Servizio

Nella pratica, a partire dal 2014 i pagamenti della liquidazione nel settore pubblico sono regolati su normative che prevedono la necessità di attendere almeno 12 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro per raggiunti limiti anagrafici. Questo significa che il TFS viene liquidato entro i 12 mesi successivi al compimento del 67mo anno di età. Rientrano però tra le cessazioni per limiti di età anche i collocamenti a riposo effettuati d’ufficio dalle amministrazioni a partire dall’età ordinamentale dei 65 anni.

Sempre dopo 12 mesi avviene anche il pagamento della buonuscita per le cessazioni dal servizio conseguenti all’estinzione del rapporto di lavoro a tempo determinato, nel caso in cui sia stato raggiunto il termine finale fissato dal contratto di lavoro. Oppure qualora avvenga la cessazione dal servizio a seguito di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro.

La prestazione non può essere comunque liquidata prima di 24 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro qualora questa sia avvenuta per cause diverse da quelle appena esposte. Si pensi ad esempio alle dimissioni volontarie (con o senza diritto alla pensione anticipata), oppure al recesso da parte del datore di lavoro (per licenziamento o destituzione dall’impiego).

La rateizzazione del TFS per cifre superiori a 50mila euro

Al quadro appena evidenziato è importante aggiungere che dal 2014, una volta maturato il termine di pagamento della liquidazione, si dovrà comunque sottostare ad una rateizzazione ulteriore nel caso in cui il TFS o TFR risulti superiore alla soglia delle 50mila euro. Solo al di sotto di questa cifra è infatti possibile procedere all’incasso in un’unica soluzione.

Diversamente le rate corrisponderanno a due se l’importo risulta maggiore di 50mila euro e inferiore alle 100mila euro. Ma si arriverà anche a tre rate nel caso in cui la cifra da corrispondere risulti superiore a 100mila euro. Il terzo pagamento sarà però pari all’importo residuo (escludendo in questo modo qualsiasi ulteriore ritardo).

Per cercare di ovviare almeno parzialmente alla situazione il legislatore ha previsto anche la possibilità di fare ricorso ad un anticipo della liquidazione, sebbene ad oggi tale meccanismo non risulti ancora operativo. In ogni caso, il quadro normativo prevede innanzitutto un limite complessivo fissato a 45mila euro, che verrebbero corrisposte entro 75 giorni dalla cessazione del servizio.

Il prestito è a tasso agevolato e prevede importanti benefici fiscali a livello di detassazione rispetto all’importo di buonuscita erogato.

Al momento tutto resta bloccato per la mancanza di un accordo quadro tra Inps e gli istituti bancari (ABI). L’accordo dovrebbe definire una lista di banche alle quali il lavoratore può appoggiarsi per scegliere a quale istituto affidarsi al fine di richiedere l’anticipo.

Resta il fatto che finché la situazione non si sbloccherà la domanda di anticipo non potrà essere inoltrata dai lavoratori della pubblica amministrazione che ottengono l’agognato accesso alla pensione. La speranza è che la questione possa risolversi entro l’inizio del nuovo anno.

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