Si sa, le tasse non fanno gola e nessuno, e in una società di tanti menefreghismi pare che anche L’Università Federico II abbia deciso da 10 anni di non pagare la Tari al Comune di Napoli. La notizia è emersa durante l’udienza pubblica, tenutasi presso la sezione di controllo regionale della Corte dei Conti, dove il Comune era chiamato ad esporre le controdeduzioni dopo il deferimento ricevuto da parte dei magistrati contabili, rispetto alla legittimità della delibera di rimodulazione del piano di rientro del 30 settembre 2016 e all’accertamento di alcuni debiti posti in bilancio.
Il celeberrimo Ateneo pare che abbia un debito per il mancato pagamento Tari al Comune di Napoli di 69 milioni di euro, un debito non pagato dal 2008 ad oggi che vanno dai 24 milioni negli ultimi tre anni e 45 milioni dal 2008 al 2012, pertanto già inoltrata la procedura coattiva di Equitalia.
La domanda è semplice, perché l’Ateneo non paga?
L’assessore al Bilancio Enrico Panini lo ha spiegato a margine dell’udienza con il collegio giudicante, presieduto da Giovanni Coppola: «La Federico II ha impugnato il regolamento comunale sulla Tari. Loro sostengono che non gli si riconosca una particolare scontistica che sarebbe dovuta alle Università. Ciò, però, non sottintende il fatto che non si debba pagare il dovuto».
L’assessore Panini sottolinea poi che «Abbiamo fatto partire 400 comunicazioni a tutti quelli che consideriamo i grandi debitori verso il Comune e che il Municipio si sta mettendo in campo per migliorare tale situazione, dopo i rilievi posti dalla Corte dei Conti. Sulla Tari abbiamo verificato che i grandi debitori sono tutte amministrazioni pubbliche, che coprono il 13 per cento dell’ammontare totale.
Panini ribadisce poi che «A me fa male sapere che un luogo prestigioso dell’istituzione universitaria napoletana ci debba la bellezza di 24 milioni, sommati ai 45 milioni in carico a Equitalia. Dal 2008 non versa un centesimo al Comune e ci tratta come se fossimo avvocati squalo. Noi non siamo un soggetto privato bensì un’amministrazione pubblica».