Il settore delle pensioni è in continuo fermento, secondo le ultime novità in materia di pensioni il governo è intenzionato a mettere mano ad una riforma delle pensioni per il prossimo anno, tanto che in questi giorni i sindacati sono stati convocati dallo stesso Governo per un incotro preliminare proprio in vista della riforma sulle pensioni che entrerà in vigore dal prossimo 2021.
Dall’incontro sono emerse importanti novità in materia di pensioni e pensionamenti, secondo le volontà del governo ci sarebbe l’intenzione di eliminare la quota 100 ovvero il meccanismo attualmente in vigore (fortemente voluta dalla Lega) con la quale i lavoratori che hanno raggiunto i 62 anni di età e i 38 di contributi versati possono andare in pensione.
Secondo le volontà del governo la Quota 100 dovrebbe essere ancora in vigore per l’intero 2021 ma non verrà rifinanziata, nei prossimi giorni è in programma un nuovo tavolo tra governo e sindacati anche per “scongiurare” lo scalone che si andrebbe a creare il 1° gennaio 2022 quando terminerà la quota 100 ed entrerà in vigore anche il nuovo scatto di “anzianità” che prevede l’accesso alla pensione solo per chi abbia compiuto almeno 67 (ben 5 in più).
Da quanto si apprende da fonti governative già a partire dal gennaio 2021 si è lavoro per evitare il brusco rialzo del requisito di età, e si starebbe pensando alla cosiddetta quota 102, cioè 64 anni di età con con 38 di contributi.
Una limatura all’attuale finestra che costerebbe “solo” 2,5 miliardi. Un bel risparmio rispetto agli 8,8 miliardi che servono per mantere quota 100 nel 2020. I tecnici stanno anche valutando i flussi beneficiari di questa riforma. Controllando i dati 2019, gli unici completi, dei 350mila lavoratori in uscita previsti solo 120mila hanno utilizzato realmente quota 100. Con un bel risparmio per le casse dello Stato. Ma l’ipotesi 102 ha già avuto il “no” ufficioso da parte dei sindacati.
E appunto i sindacati preparano la loro controproposta da mettere sul tavolo del governo. Si tratta di quota 41, cioè permettere a chi ha versato 41 anni di contributi di andare in pensione. Indipendentemente dall’età anagrafica. Ad oggi esiste già una quota 41 che però prende in considerazione appunto l’età del lavoratore e restringe di molto la popolazione coinvolta. Qualunque ipotesi deve però fare i conti con le casse statali. Per rendere sostenibile quota 41 si prevede un taglio dell’assegno di almeno 3% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni.