L’inizio dell’anno scolastico 2020-2021 si sapeva che sarebbe stato un inizio in salita, lo dimostrano le molte scuole chiuse causa Covid sparse un po in tutta italia, eventi che erano stati messi in conto nonostante il Governo abbia messo in campo tutte le contromisure per garantire un anno scolastico con la massima sicurezza, come più volte evidenziato anche dal comitato tecnico scientifico il rischio zero non esiste.
Dopo le prime settimane di scuola è possibile già stilare un primo bilancio delle scuole chiuse causa emergenza Covid con le città e le regioni maggiormente colpite dalle chiusure totali o parziali, i dati per stilare questa particolare classifica sono stati elaborati da un un ricercatore, Vittorio Nicoletta, e da uno studente universitario, Lorenzo Ruffino.
Entrambi hanno elaborato i dati pubblicati sul numero delle scuole costrette a chiudere almeno un giorno per sanificare gli ambienti dopo la rilevazione di casi positivi al virus, stilando una classifica dettagliata evidenziando le regioni e le città maggiormente colpite.
Il loro lavoro si è concentrato anche sul numero dei contagi, sull’età dei contagiati e anche sulle singole classi messe in quarantena. Il risultato è stato: il 76% dei positivi si registra fra la popolazione studentesca; il 13% riguarda i docenti; il restante 11% il personale Ata ovvero le altre professionalità all’interno degli istituti.
La mappa geografica a livello regionale delle scuole interessate dai contagi corrisponde a grandi linee ai casi di contagio fra la popolazione, con qualche distinguo. Infatti, al primo posto c’è la Lombardia con 84 istituti, seguita da Emilia Romagna (60), Toscana (50), Lazio (38) e Piemonte (29).
La classifica a livello di città vede invece primeggiare Roma, seguita da Bologna e Milano.
Dalla ricerca e dall’analisi condotta da Vittorio Nicoletta e Lorenzo Ruffino è possibile anche scoprire che i più colpiti dal virus sono gli studenti. Il 76% dei casi positivi viene registrato all’interno della popolazione studentesca, mentre il 13% delle infezioni è “a carico” dei docenti. Il restante 11%, invece, viene diviso tra le varie professionalità che lavorano all’interno degli istituti scolastici.