Non molto tempo fa in alcune scuole pubbliche era scoppiata la polemicha per la rimozione del crocifisso all’interno dell’aula di una scuola, la rimozione era avvenuta per via della presenza di alcuni alunni di altre religioni dove la presenza del crocifisso dava “fastidio” per utilizzare un eufemismo.
A distanza di qualche anno da questa vicenda in questi giorni c’è stata una sentenza depositata dalle sezioni unite civili della Cassazione e che riguarda proprio la presenza del crocifisso all’interno delle aule delle scuole pubbliche italiane.
La sentenza si è pronunciata a favore della presenza del nostro simbolo religioso per eccellenza, affermando che l‘affissione del crocifisso nelle aule scolastiche “al quale si legano, in un Paese come l’Italia, l’esperienza vissuta di una comunità e la tradizione culturale di un popolo – non costituisce un atto di discriminazione del docente dissenziente per causa di religione”.
La sentenza emessa fa riferimento ad un episodio verificatosi presso un istituto professionale statale, qui il dirigente scolastico aveva accolto la richiesta del docente che desiderava fare le sue lezioni senza il simbolo religioso appeso alla parete, il preside aveva accolto la richiesta sulla base di una delibera assunta a maggioranza dall’assemblea di classe degli studenti.
“L’aula può accogliere la presenza del crocifisso – si legge nella sentenza 24414 – quando la comunità scolastica interessata valuti e decida in autonomia di esporlo, eventualmente accompagnandolo con i simboli di altre confessioni presenti nella classe e in ogni caso ricercando un ragionevole accomodamento tra eventuali posizioni difformi”.
Per i giudici dunque “il docente dissenziente non ha un potere di veto o di interdizione assoluta rispetto all`affissione del crocifisso, ma deve essere ricercata, da parte della scuola, una soluzione che tenga conto del suo punto di vista e che rispetti la sua libertà negativa di religione”. Non è stata accolta la richiesta di risarcimento danni formulata dal docente, in quanto, scrivono i giudici, “non si è ritenuto che sia stata condizionata o compressa la sua libertà di espressione e d insegnamento”.