La proposta di introdurre test psicoattitudinali per i candidati magistrati al termine delle prove orali di accesso alla professione sta sollevando un acceso dibattito. Secondo quanto riportato dalla bozza di decreto, che potrebbe essere oggetto di discussione in un prossimo Consiglio dei Ministri, si prevede l’impiego di “esperti qualificati” per valutare l’idoneità psicoattitudinale al ruolo giudiziario, nominati mediante decreto del Ministro della Giustizia, di concerto con il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM).
Questa iniziativa mira a garantire che i futuri magistrati possiedano non solo le competenze tecniche, ma anche le capacità psicologiche adeguate per assolvere le delicate funzioni giudiziarie.
Tuttavia, la proposta ha suscitato preoccupazioni e critiche da parte dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), che evidenzia potenziali questioni di costituzionalità e di autonomia dell’ordine giudiziario. L’ANM esprime forte perplessità riguardo al potere conferito al Ministro della Giustizia di stabilire, mediante un proprio decreto, i criteri e le modalità di svolgimento dei test, considerando tale prerogativa in contraddizione con i principi costituzionali che regolano l’indipendenza e l’autonomia della magistratura.
La critica principale sollevata dall’ANM riguarda la potenziale erosione dell’autonomia dell’ordine giudiziario, temendo che la disciplina dei test psicoattitudinali, affidata a un decreto ministeriale, possa tradursi in un’influenza eccessiva del potere esecutivo sul processo di selezione dei magistrati. Questo, secondo l’associazione, potrebbe pregiudicare l’indipendenza della magistratura, pilastro fondamentale dello Stato di diritto, garantita dalla Costituzione Italiana.
Il dibattito sollevato da questa proposta riflette la tensione tra la necessità di assicurare che i magistrati dispongano di tutte le qualità necessarie per svolgere il loro compito, comprese quelle di natura psicologica, e l’importanza di preservare i principi di indipendenza e imparzialità della giustizia, evitando ingerenze esterne che potrebbero compromettere l’autonomia e l’equilibrio dei poteri dello Stato.