Dopo la sentenza del Consiglio di Stato sui Diplomati Magistrali in GaE sono seguiti mesi di grandi proteste da parte dei diretti interessati che secondo i calcoli sarebbero circa 60.000 in tutta italia, in questi mesi tante sono state le proteste, manifestazioni e scioperi ma che fino ad oggi nulla hanno prodotto, il Ministero ha fatto sapere di voler attendere il parere dell’Avvocatura dello Stato per poter meglio gestire questa delicata situazione che coinvolge davvero molti aspiranti docenti.
Il parere dell’Avvocatura dello Stato non è previsto in tempi stretti e nel frattempo gli effetti di questa sentenza iniziano a manifestarsi anche nei giudizi pendenti presso il Tribunale del Lavoro, come ad esempio il caso di una docente che sosteneva di essere abilitata alla professione di docente in virtù del diploma di maturità magistrale conseguito entro l’a.s. 2001/2002 e per tanto aveva chiesto di poter essere inserita nelle graduatorie ad esaurimento definitive (GAE) dell’Ambito territoriale di Forlì – Cesena valide per gli anni scolastici 2014/17, il Tribunale di Forlì con sentenza del 30 gennaio 2018 ha rigettato la domanda avanzata dalla docente facendo proprio riferimento alla recente sentenza del Consiglio di Stato.
Ecco un breve estratto della sentenza con i punti più significativi:
Il Tribunale afferma che “Nel merito la domanda non può essere accolta, occorrendo escludere l’idoneità del diploma in questione a valere quale titolo legittimante l’inserimento nelle graduatorie ad inserimento. Sul punto si richiamano, con effetti dirimenti, le motivazioni della decisione dell’Ad. Plen. Cons. Stato n. 11/2017 prodotta all’udienza (…)” Specificandosi altresì che “Nessun rilievo ha in questo giudizio la sentenza del Consiglio di Stato n. 1973 del 2015 (e le successive analoghe pronunce): essa non vale né come giudicato (se non altro perché non è stata pronunciata, come richiede l’art. 2909 c.c., fra le medesime parti), né come affermazione di un principio di diritto utile ai fini della decisione.
A questo proposito si deve ricordare che nel giudizio civile la legittimità o meno di un atto amministrativo assume rilievo solo se, e nella misura in cui, l’atto stesso costituisca un ostacolo a (e debba perciò essere rimosso per consentire) la attuazione di un (preesistente) diritto soggettivo; quest’ultimo per-ciò non è un effetto, ma un presupposto, della disapplicazione dell’atto amministrativo (che di per sé non fa sorgere il diritto, ma ne consente solo la piena esplicazione).
Nel caso in esame è perciò irrilevante che il Consiglio di Stato abbia annullato il decreto ministeriale n. 235/2014 – prescindendo dal fatto che si tratti di un atto regolamentare di carattere generale oppure di un atto collettivo o plurimo con effetti scindibili – poiché l’accoglimento, in sede civile, della pretesa fatta valere dalle appellanti richiederebbe l’accertamento dell’esistenza di un vero e proprio diritto soggettivo ad essere inserite in graduatoria: diritto che deve invece ritenersi insussistente per le ragioni esposte nei punti precedenti“.
Le spese del giudizio si compensano per l’esistenza di orientamenti di segno diverso ed in considerazione del fatto che la predetta pronuncia dell’Ad. Plen. Cons. Stato è intervenuta in corso di causa”