Dopo la pubblicazione del Decreto le Università italiane hanno iniziato la pubblicazione dei Bandi per i Corsi TFA Sostegno 2019, più della metà degli atenei italiani hanno già pubblicato i bandi e non sono mancate le polemiche per i costi ritenuti da molti eccessivamente costosi, anche perchè i candidati non hanno nessun sostegno economico dallo stato e per tanto le spese da sostenere sono tutte a carico del candidato.
TFA sostegno 2019: i Bandi più cari sono in Campania, 3.800 per aderire ai Corsi
Secondo i dati stimati i Corsi per il Sostegno 2019 porteranno nelle casse delle università italiane circa 20 milioni di euro, proprio su questo aspetto sono molte le polemiche nei confronti delle università che chiedono davvero troppo e nei confronti del Ministero che non ha messo un tetto proprio per evitare il nascere di un vero e proprio business per gli atenei.
Stando alle attuali normative non esiste un tetto massimo sui costi dei corsi, in questo modo ogni università è libera di applicare il costo del corso Tfa Sostegno come pare e piace, il risultato è che da regione a regione ci sono costi che possono variare anche di 1.500 euro.
Proprio per via dei costi molto elevati sono molti i candidati che stanno rinunciando ai Corsi TFA Sostegno, in questo modo però vengono meno i criteri di uguaglianza e si creano dei veri e propri distinguo tra chi economicamente può affrontare queste spese e chi no, precludendo a questi ultimi una possibilità che dovrebbe essere invece garantita a tutti.
In questo scenario il tristre primato del corso più costoso spetta alla regione capania dove l’università Suor Orsola Benincasa ha fissato il presso a 3.800 euro risultato ad oggi il più alto tra i bandi pubblicati (mancano ancora molte università nella pubblicazione dei bandi), dietro la Campania troviamo poi la Sicilia con i suoi 3.700.
Sulla questione costi del sostegno si sono mossi anche i sindacati, in particolare l’Anief ha espresso il suo disappunto in un comunicato stampa. Il presidente nazionale Anief Marcello Pacifico ha criticato il Ministero affermando che “il Miur è venuto meno al suo ruolo di garante e di gestore centrale della macchina organizzativa scolastica”, e gli atenei italiani i quali “non possono decidere autonomamente se e come allestire i corsi oppure trasformare questa formazione in introiti economici per compensare quelli mancati”.