Tanti i casi di ingiustizie che vede protagonisti lavoratori e aziende pubbliche e private che vanno a finire in tribunale per procedere con provvedimenti finali che vanno quasi sempre a favore del lavoratore. In questo articolo vi segnaliamo proprio il caso in cui il ricorso di un datore di lavoro viene respinto dalla Corte di Cassazione. Con provvedimento n°14187, 8/6/2017 La Corte di Cassazione, ha respinto il ricorso di un datore di lavoro che riteneva illegittima la decurtazione da parte della corte Territoriale, di due giorni di ferie all’anno nei confronti di un proprio dipendente che aveva goduto dei permessi ex articolo 33 L. 104/1992 per l’assistenza di un proprio familiare.
“Il diritto alle ferie assicurato dall’art. 36, u.c. Cost. garantisce il ristoro delle energie a fronte della prestazione lavorativa svolta, e che tale ristoro si rende nei fatti necessario anche a fronte dell’assistenza ad un invalido, che comporta un aggravio in termini di dispendio di risorse fisiche e psichiche”, questo è quanto hanno sostenuto i giudici. Non vi è differenza tra lavoratore pubblico o privato in questa decisione, e La Corte precisa che nel decidere una analoga controversia relativa alla computabilità di detti permessi ai fini della tredicesima mensilità, rispetto alla quale analogamente che per le ferie e con rinvio all’art. 7 della legge 1204 del 1971 poi trasfusa nel d.lgs n. 151 del 2001, ha ritenuto che:
“la limitazione della computabilità (….) dei permessi di cui all’art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, in forza del richiamo operato dal successivo comma 4 all’ultimo comma dell’art. 7 della legge 30 dicembre 1971, n. 1204 (abrogato dal d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, che ne ha tuttavia recepito il contenuto negli artt. 34 e 51), opera soltanto nei casi in cui essi debbano cumularsi effettivamente con il congedo parentale ordinario – che può determinare una significativa sospensione della prestazione lavorativa – e con il congedo per malattia del figlio, per i quali compete un’indennità inferiore alla retribuzione normale (diversamente dall’indennità per i permessi ex lege n. 104 del 1992 commisurata all’intera retribuzione), risultando detta interpretazione idonea ad evitare che l’incidenza sulla retribuzione possa essere di aggravio della situazione dei congiunti del portatore di handicap e disincentivare l’utilizzazione del permesso.” cfr. Cass. 07/07/2014 n. 15345.
Il periodo delle ferie è un diritto per un lavoratore ed è assicurato dall’art. 36, tale riposo si rende necessario anche a fronte dell’assistenza ad un invalido, che comporta un aggravio in termini di dispendio di risorse fisiche e psichiche, non facili da sopperire.
Ricordiamo inoltre che i permessi per l’assistenza ai portatori di handicap poggiano sulla tutela dei disabili predisposta dalla normativa interna ed in primis dagli artt. 2, 3, 38 Cost. ed internazionale quali sono la Direttiva 2000/78/CE del Consiglio del 27 novembre 2000 e la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità ratificata e resa esecutiva in Italia con L. 3 marzo 2009, n. 18. Tali convenzioni sono ritenute necessarie e vanno a supportare le famiglie che purtroppo sono soggette a tali problematiche e che quindi, i permessi ex articolo 33 di cui alla legge 104 non possono essere computati come ferie godute.