Pensioni, novità importanti sono emerse nel corso di questa settimana, l’istat ha diffuso i dati di mortalità per l’adeguamento dell’età pensionabile con la speranza di vita e la corte costituzionela si è espressa sulla rivalutazione degli assegni di pensione, si tratta di due aspetti molto importanti che potranno introdurre novità sulle pensione già a partire da oggi ma anche per il prossimo futuro, in particolare sulla speranza di vita si stabilisce poi l’eta per la pensione di vecchiaia.
Per quanto riguarda i dati diffusi dall’Istat sulla speranza di vita sicuramente sono positivi sotto il profilo salutistico, mentre sotto l’aspetto pensionistico non lo sono, infatti l’Istat ha certificato che rispetto al 2015 l’aspettativa di vita Istat per il 2016 è aumentata di 5 mesi, questo significa che all’aumentare della speranza di vita aumentano anche gli anni necessari per raggiungere la pensione di vecchia che dal 2019 potrà essere raggiunta con 67 anni.
Per quanto riguarda invece la rivalutazione degli assegni di pensione il 24 ottobre 2017 è arrivata la decisione della Corte costituzionale, che in pratica ha deciso che la rivalutazione delle Pensioni avvenuta tra il 2012 e il 2015 non è incostituzionale, salvando così il d.l. 65/2015 conosciuto anche come bonus Poletti, secondo i giudici della corte costituzionale la norma bilancia in maniera ragionevole i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica.
Ma cosa prevede nel dettaglio il decreto sulla rivalutazione degli assegni di pensione? Facciamo un breve riepilogo per comprendere meglio in che modo la perequazione viene suddivisa:
- 100% solo per gli assegni pensionistici equivalenti a 3 volte il minimo,
- 40% tra 3 e 4 volte il minimo,
- 20% tra 4 e 5 volte il minimo,
- 10% tra 5 e 6 volte il minimo,
- nessuna rivalutazione per tutti gli assegni che vanno oltre sei volte il minimo.
Il blocco che era stato posto sulla rivalutazione delle pensioni interessava oltre 6milioni di pensionati, cioe tutti coloro che avevano assegni di pensione superiori a tre volte il minimo, ed era stato applicato durante la crisi economica del 2011 per mettere in sicurezza i conti pubblici, ma dopo 4 anni (nel 2015) il blocco era stato messo sotto esame da parte della Corte costituzionale che l’aveva giudicato incostituzionale (sent. 70/2015).