Mentre il Ministero dell’Istruzione ha annunciato il tanto atteso concorso per gli insegnanti di religione, che permetterà a 6.400 individui di ottenere una cattedra da un totale di circa 18.000 candidati (secondo i dati forniti da Snadir, il sindacato nazionale autonomo degli insegnanti di religione), l’Uaar (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti) sta “festeggiando” un diverso fenomeno: l’aumento del numero di studenti che sceglie di non partecipare alle lezioni di religione.
Nell’anno scolastico 2022/2023, 1.096.846 studenti hanno deciso di non avvalersi dell’insegnamento della religione, un aumento di 82.000 studenti rispetto all’anno precedente. Questa tendenza, che prosegue da anni, è particolarmente evidente negli istituti professionali, dove si registra una percentuale di defezioni del 25,52%, seguiti dai tecnici con il 23,87% e dai licei con il 17,51%. Nelle scuole secondarie di primo grado, il 14,67% degli studenti non partecipa all’insegnamento religioso, mentre nelle scuole primarie la percentuale è dell’11,74% e nell’infanzia dell’11,3%.
Loris Tissino dell’Uaar sottolinea che questi numeri potrebbero essere ancora maggiori. Secondo l’analisi dell’Uaar, basata su una richiesta di accesso civico ai dati presentata al dicastero di viale Trastevere, i numeri sono stati prudentemente ridimensionati, escludendo circa il 6% delle scuole che mostravano fluttuazioni anomale nelle percentuali di studenti che optavano per non avvalersi dell’insegnamento religioso da un anno all’altro.
L’indagine svolta in collaborazione con l’associazione “OnData” nell’ambito del progetto #DatiBeneComune ha rivelato dati significativi riguardo all’atteggiamento degli studenti italiani nei confronti dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole. Questi risultati potrebbero non essere ben accolti dalla Confederazione Episcopale Italiana, che di recente ha firmato un accordo con il ministro Valditara per il concorso destinato agli insegnanti di religione.
L’indagine mostra che in sei province italiane, la percentuale di studenti e famiglie che scelgono di non partecipare alle lezioni di religione cattolica ha superato il 30%. Le province in questione sono Firenze, con una percentuale del 37,92%, Bologna, la città del presidente della CEI, cardinale Matteo Zuppi, con il 36,31%, seguite da Trieste con il 33,37%, Prato con il 33,19%, Gorizia con il 32,51% e Aosta con il 30,74%.
A livello regionale, è la Valle d’Aosta a registrare la percentuale più alta (30,74%), seguita dall’Emilia Romagna (27,48%) e dalla Toscana (27,12%). Un dato interessante emerge dal confronto tra Nord e Sud Italia: il Sud si dimostra più incline all’insegnamento religioso, con la Basilicata e la Campania che registrano meno del 4% di ragazzi e famiglie che scelgono di non frequentare le lezioni di religione. Questi dati indicano una differenza significativa nell’atteggiamento verso l’insegnamento religioso tra le diverse aree geografiche d’Italia.
Le scuole italiane che si distinguono per avere la più alta percentuale di studenti che scelgono di non partecipare all’insegnamento della religione cattolica sono diverse, a seconda del livello di istruzione.
- Scuole Professionali: Il professionale “Massimo Olivetti” di Ivrea si afferma come il campione assoluto tra le scuole professionali, con ben il 90,53% dei suoi studenti (86 su 95) che optano per non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica.
- Licei: Tra i licei, il primato va all’Enriques Agnoletti di Sesto Fiorentino, dove l’80,41% degli studenti sceglie di non frequentare l’ora di religione cattolica (IRC).
- Istituti Tecnici: Nella categoria degli istituti tecnici, il “Sassetti-Peruzzi” di Firenze, specializzato in turismo, registra l’85,66% di non avvalentisi, con 209 studenti su 244 che declinano l’offerta.
- Scuole Primarie: Per quanto riguarda le scuole primarie, spicca l’istituto “Leonardo da Vinci” di Ancona, dove l’83,50% degli alunni non partecipa all’insegnamento religioso.
- Scuole Secondarie di Primo Grado: A Torre Pellice, la scuola secondaria di primo grado “Rodari” detiene il record per il maggior numero di studenti non avvalentisi dell’IRC, con 148 su 175, ovvero l’84,57%.
Questi dati riflettono un trend crescente di laicità nelle scuole italiane, con un numero sempre maggiore di studenti e famiglie che sceglie di non partecipare all’insegnamento della religione cattolica.
Roberto Grendene, il segretario dell’Unione Atei Agnostici Razionalisti (Uaar), ha espresso ottimismo riguardo ai recenti sviluppi, evidenziando che, nonostante la diminuzione prolungata del numero di studenti, i dati in possesso dell’associazione indicano un interesse crescente per un’istruzione laica. “Una buona novella con cui iniziare questo 2024”, ha dichiarato.
Tuttavia, questa visione non è condivisa da Orazio Ruscica, il segretario nazionale dello Snadir (Sindacato Nazionale Autonomo degli Insegnanti di Religione). In una dichiarazione a ilFattoQuotidiano.it, Ruscica ha criticato l’analisi dell’Uaar, sostenendo che essa è fine a se stessa e non rispecchia la realtà. Ha inoltre sottolineato che circa sette milioni di studenti partecipano all’ora di religione, dimostrando l’apprezzamento per questa disciplina. Ruscica ha poi sollecitato l’Uaar a garantire un’alternativa valida per gli studenti che scelgono di non avvalersi dell’insegnamento religioso, poiché spesso questa opzione non è disponibile.
Un’altra notizia rilevante è l’annuncio del concorso per insegnanti di religione. Questo concorso, sebbene non possa soddisfare tutti i potenziali candidati, arriva a vent’anni di distanza dall’ultima procedura, avvenuta nel febbraio 2004 in seguito all’approvazione della Legge 186/03. Con la firma dell’accordo tra il Governo e la CEI, sono stati stabiliti due canali di accesso per i docenti di religione: un concorso ordinario e una procedura straordinaria. Quest’ultima è stata approvata nel 2022 in seguito a una sentenza della Corte Europea che condannava l’Italia per l’abuso nella reiterazione dei contratti dei docenti di religione oltre i 36 mesi.