Se continui a non studiare rischi di essere bocciato! Quante volte voi studenti avrete sentito fare questa affermazione da un docente ? Bhe sicuramente molte volte, soprattutto nei confronti di chi non ama proprio studiare ma preferisce fare altro, in alcuni casi questa affermazione viene usata impropriamente solo per incutere timore nello studente per spronarlo allo studio, ma in alcuni casi questa affermazione potrebbe rappresentare una vera e propria minaccia nei confronti dello studente, in questo articolo trattiamo proprio questo tema facendo riferimento anche ad una recente sentenza.
Il rapporto tra studenti e docenti si sà che non sempre è facile, non sono rari i casi di cronaca che coinvolgono professori e studenti che spesso ricorrono alle vie legali, come il caso di uno studente che era stato chiamato con l’appellativo di asino da parte di un docente e per questo i genitori avevano sporto denuncia contro il docente per le offese nei cofronti del figlio.
Tornando alla questione della bocciatura sempre più spesso docenti usano questo termine di fronte alla mancata preparazione di uno studente, ma fino a che punto può spingersi un insegnante nel punire un proprio alunno?
Un docente che minaccia di bocciatura uno studente commette un reato?
Una risposta alla domanda arriva dalla corte Costituzionale che recentemente si è espressa sulla questione stabilendo che un docente che utilizza il termine bocciatura nei confronti di uno studente si macchia di reato in quanto provoca una «violenza psicologica che potrebbe causare un pericolo alla salute dell’alunno» (Corte di Cassazione con una sentenza del 2015, la n. 47453).
Il reato che si configura è quello previsto nell’art. 571 del codice penale «Abuso dei mezzi di correzione o di disciplina» nel caso di un professore il potere riconosciuto allo stesso è quello dello ius corrigendi.
Va ricordato che in casi del genere il reato non scatta in automatico infatti come stabilito sempre dalla corte di cassazione il professore che minaccia un alunno di bocciatura non commette sempre un reato, ma lo commette solo quando viene meno il principio di proporzionalità e viene integrata la fattispecie di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina.